Quantcast
Channel: Sconfinando » carcere
Viewing all articles
Browse latest Browse all 23

Carcere: più misure alternative, meno sovraffollamento

$
0
0

affollamentoprerapp_LOW

Il numero delle persone in carcere cresce. E torna a salire il sovraffollamento negli istituti di pena italiani. Anche in Lombardia, dove si tocca il 130 per cento, uno dei dati più altri tra le regioni del nostro paese. A rilevare queste cifre, che segnano una negativa controtendenza rispetto ai miglioramenti registrati negli ultimi anni, è un prezioso rapporto di Antigone, che mi ha spinto a fare alcune riflessioni, figlie dell’esperienza che la Casa della carità fa quotidianamente con detenuti ed ex detenuti.

La prima è che il carcere non può essere considerato la soluzione più facile e immediata per tutte quelle persone che hanno problemi di marginalità e disagio. Al contrario, dovrebbe essere l’extrema ratio per chi deve scontare una pena, non la prima o, peggio, l’unica opzione. Questo non vuol dire condonare ogni errore o non punire chi ha sbagliato, ma applicare la nostra Costituzione. Ora, passi in avanti ce ne sono stati rispetto a cinque o sei anni fa e anche gli Stati generali sull’esecuzione della pena da poco terminati hanno fornito spunti interessanti, ma rimane un dato inaccettabile. Nelle nostre carceri, da un lato, il 34 per cento dei detenuti è in custodia cautelare e, dall’altro, più della metà (il 56,2 per cento) dei condannati in via definitiva sta scontando una pena breve che, secondo l’ordinamento attuale, potrebbe essere sostituita con una misura alternativa.

Insomma, molti detenuti potrebbero anche stare fuori dal carcere. Ciò non avviene non per questioni di sicurezza, dal momento che, è importante sottolinearlo, nel 2015 solo lo 0,79 per cento di chi stava scontando una misura alternativa ha commesso un nuovo reato. Ciò non avviene perché queste persone non riescono fisicamente ad accedere alle misure alternative per ragioni economiche, sociali, relazionali. C’è chi una casa non ce l’ha più, chi ha rotto i legami con la famiglia, chi è straniero e solo in Italia. A farne le spese sono, quasi sempre, le fasce più basse e fragili della popolazione.

E qui veniamo al punto successivo delle mie riflessioni. Un detenuto su tre è straniero, con il dato in leggera crescita rispetto al 2014 (33,5 contro 32,6 per cento). È una situazione che, in molti casi, lo vediamo nel nostro intervento sociale quotidiano, è causata da quel che spiegavo prima: in carcere rimane chi non ha alternative, chi non è seguito da nessuno, chi ha meno difese. E gli stranieri rappresentano un’ampia fetta di queste persone. Lo ha sottolineato anche un dossier Unar, presentato lo scorso anno. “I detenuti stranieri commettono – o sono accusati di avere commesso – i reati meno gravi dal punto di vista dei beni o degli interessi costituzionalmente protetti. Ma nei loro confronti maggiormente opera l’azione di repressione di polizia: essi più facilmente vengono fermati o arrestati rispetto agli autoctoni”.

Però, potrebbe obiettare qualcuno, si tratta pur sempre di persone che hanno commesso dei reati. Perché dovremmo interessarci alla loro sorte? Perché dovrebbe importarci se accedono oppure no alle misure alternative? Perché è giusto, umano e coerente con i nostri valori, mi verrebbe da rispondere d’istinto. Ma non solo. La recidiva, che nel nostro Paese rimane molto elevata, rappresenta un costo sociale ed economico pesante, una zavorra per l’intera collettività. Bene, le misure alternative contribuiscono ad abbattere in maniera molto significativa il tasso di ex detenuti che tornano a commettere dei reati. Italiani o stranieri che siano.


Viewing all articles
Browse latest Browse all 23

Latest Images

Trending Articles